"Gli artisti che amiamo ci hanno insegnato, e ci stanno insegnando, a diventare imprenditori."
Luigi Bonotto ha portato nella sua azienda la sua passione per l’arte trasformando l’organizzazione e i processi produttivi secondo una logica orientata alla creatività prima che al business.
“Gli artisti che amiamo ci hanno insegnato e ci insegnano a fare gli imprenditori. Noi abbiamo voluto ringraziarli regalando a loro e alla creatività di un intero territorio un sito web ed un centro di cultura internazionale che sta sorgendo a Bassano del Grappa”.
La trama è un complesso di fili la cui intersezione crea un tessuto, ma anche l’intreccio delle vicende che determina un racconto. In questo concetto si racchiude l’essenza di un incontro. La storia di ogni azienda rispecchia sempre la storia delle persone che l’hanno creata e fatta crescere. La storia di Bonotto nasce nel 1912 come produzione di cappelli di paglia, convertita nel 1972 a produzione tessile da Nicla Donazzan e Luigi Bonotto, geniale collezionista e mecenate.
Una tradizione che prosegue oggi con Giovanni, Direttore Creativo, e Lorenzo, Amministratore Delegato. Basterebbe sentirli raccontare di una Yoko Ono vissuta quasi come “baby sitter”, di cene preparate da Joseph Beuys o di melodie suonate da John Cage in piena notte, per comprendere che questo è un luogo non comune; dove la capacità di pensare al di fuori degli schemi è una virtù, l’omologazione un limite.
Per questo la famiglia Bonotto considera la memoria un antidoto alle convenzioni e al conformismo: “La memoria non è e non sarà mai uno standard. Non sarà mai ripetibile”.
Ma per costruire memoria è necessario vivere a fondo la propria contemporaneità: una regola messa in pratica a Molvena da Luigi Bonotto che, nella sua azienda come nella sua dimora, ha sempre accolto i più svariati artisti.
Questi vivono, discutono, studiano e producono arte proprio come in qualsiasi residenza artistica, con libertà di operato e pensiero. Il rapporto tra arte e impresa, creatività artistica e innovazione aziendale diventa così il principale algoritmo di una contaminazione virtuosa.
Da questi dialoghi si sviluppa la collezione Bonotto che, nel 2013, acquisisce lo status di Fondazione, nata per promuovere e sviluppare su scala internazionale un nuovo ragionamento tra arte, impresa e cultura contemporanea: i tre assi su cui si è sviluppata l’esistenza di Luigi Bonotto. Per mantenere questo equilibrio creato da estro e concretezza, il figlio Giovanni si divide oggi tra due case attigue. Se la prima è un’overdose di oggetti accatastati compulsivamente da colui che si definisce “affamato di vita”, la seconda ha invece solo stanze bianche e vuote: «Amo le celle fredde e ruvide, come quelle dei monaci». Fili contigui di vuoto e pieno: uniti dal telaio della sua stessa dimensione, proprio come nella realizzazione di un tessuto.